UN TRAIL ATTRAVERSO L’UMBRIA DEI MISTERI- 36Km / 972 D+

IL MONTE CAPERNO O MONTAGNA DELL’ECO

Dalle sponde del lago di Piediluco si può iniziare un’escursione fuori dagli schemi per andare a scoprire alcuni angoli dell’Umbria poco conosciuti e per questo un pò misteriosi. Si raggiunge il centro abitato di Marmore costeggiando l’ultimo tratto del fiume Velino ed entrati nel parco dei “Campacci” si fa ingresso alla Cascata. Per la visita si deve procedere a piedi lasciando la bici e gli eventuali bagagli presso la biglietteria.

Rimontati in sella si scende verso il fondo valle raggiungendo il fiume Nera, attraverso il “sentiero 6” piuttosto difficoltoso con vari tratti sconnessi e ripidi. In alternativa si procede lungo la provinciale in direzione Terni fino al bivio per Papigno, raggiunto il quale, si volta a destra per scendere in Valnerina. Dal belvedere inferiore si risale la sponda sinistra del fiume lungo la cosiddetta “Greenway del Nera”.

Le mummie di Ferentillo

” Oggi a me, domani a te. Fui quel che tu sei, tu sarai quel che io sono. Pensa mortal che il tuo fine è questo e pensa pure che ciò sarà ben presto “

Con lo stesso biglietto d’ingresso alla cascata si può accedere ad altri siti. Tra questi c’è il museo delle mummie di Ferentillo, luogo dall’atmosfera decisamente arcana. Una storia, quella delle mummie, che inizia negli anni dell’editto napoleonico di Saint Cloud, lo stesso che ispirò, ad Ugo Foscolo, l’opera letteraria “Dei sepolcri”. Anzi sarebbe meglio dire che tutto ebbe inizio alcuni secoli prima, con la fine della vita terrena di tanti abitanti della valle che vennero sepolti, all’interno della cripta, nella chiesa di Santo Stefano.

L’editto vietava la sepoltura all’interno delle mura cittadine ed istituì i cimiteri extraurbani. Proprio in quegli anni, disposta la riesumazione delle salme per il loro trasferimento nelle nuove sepolture, avvenne una scoperta sensazionale. Molte di queste erano mummificate spontaneamente a causa di fenomeni naturali, poi messi al vaglio da numerosi studiosi. In alcuni casi, oltre agli abiti ben conservati, si distinguevano la barba , i capelli, le unghie, gli organi genitali ed altri particolari dei corpi dei defunti. Si procedette, per motivi di studio, anche alla sepoltura di animali, per verificarne il processo di mummificazione.

Tra questi c’è un’ aquila che , oggi fa parte del patrimonio museale insieme alle mummie, a teste ben conservate, teschi ed un sarcofago ancora sigillato. In taluni casi, grazie ai racconti orali degli abitanti del paese, è stato possibile ricostruire l’identità e la storia di alcuni defunti. Tra questi vi sono, un soldato francese morto per impiccagione, una coppia di coniugi cinesi morti,  per una qualche malattia, durante il loro viaggio in Italia, in occasione di un giubileo,  un avvocato assassinato ed i suoi uccisori ed altre salme ancora, ognuna con una storia da raccontare. 

Verso l’abbazia di san Pietro in valle

Attraversato il fiume Nera, si raggiunge il paese di Ferentillo e da qui si sale verso Gabbio procedendo lungo una single track fino a Nicciano. Si sale verso Loreno e, da qui, si prosegue fino alle pendici del monte Solenne scendendo lungo il versante sud-est fino a raggiungere l’abbazia di San Pietro in valle

FERENTILLO

L’abbazia e la leggenda del duca

Un giorno, quando il ducato longobardo di Spoleto, era governato da Faroaldo II accadde, secondo la leggenda,  una cosa insolita che avrebbe modificato gli eventi storici della tranquilla valle del Nera. Fino a quel momento c’era stato un silenzioso passaggio di viandanti che dalla bizantina  Ravenna andavano verso la “ città eterna”. Tra questi anche i monaci eremiti siriaci, in fuga dalle persecuzioni dell’imperatore romano d’oriente. Passando attraverso i luoghi selvaggi e poco popolati della valle del Nera, alcuni di loro, pensarono che fossero il posto ideale dove  ritirarsi e condurre una vita di preghiera, fuori dal mondo.

Lazzaro e Giovanni erano due eremiti, che con il loro discepolo Giacomo si stabilirono in una caverna alle pendici del monte Solenne. Gli anacoreti avevano fama di grandi guaritori, cosa che li aveva resi molto popolari tra gli abitanti della valle e della vicina Spoleto.

Si dice che, un giorno, il duca Faroaldo, dopo una battuta di caccia, si concesse un riposino per riprendersi dalle fatiche e si addormentò. Mentre dormiva sognò San Pietro che lo invitò a costruire un’abbazia nei luoghi del romitaggio. Non solo il duca fece quanto gli era stato intimato dal santo ma abdicò dalla sua carica e si ritirò a vita monastica. Da allora i possedimenti del monastero crebbero così tanto da arrivare fino alle Marche e all’Abruzzo e con essi , naturalmente, aumentò il suo prestigio. Dopo l’incendio seguito al passaggio devastante dei saraceni, seguirono decenni di abbandono, fino alla ricostruzione disposta dall’imperatore con l’edificazione del castello di Umbriano a protezione dei monaci benedettini.

Oggi l’abbazia è un edificio privato, completamente recuperato, ma la chiesa può essere comunque visitata. Al suo interno ci sono affreschi, sarcofagi ed una lastra marmorea, sotto l’altare, con bassorilievi di epoca longobarda.

Umbriano la città fantasma

Raggiunto di nuovo il fiume Nera, lo si attraversa fino a ritornare sulla Greenway percorrendola , per il breve tratto che va da Macenano al bivio per Umbriano, il paese fantasma.

Si sale procedendo lungo la mulattiera, un percorso sicuramente intrigante ma decisamente impraticabile, se non a piedi o in mtb. Le altre vie di accesso sono ugualmente impraticabili con qualsiasi mezzo a motore e fu così che negli anni ’50 gli ultimi temerari abitanti di questo splendido borgo, si arresero al richiamo della modernità e scesero a valle. Umbriano venne abbandonato per sempre, così si dice, ma forse non è del tutto vero. Ad iniziare dai decenni successivi, infatti,  inizia una nuova stagione per questo paese fantasma che, dalle alture, esercita un fascino ed un richiamo irresistibili su chiunque si trovi ad attraversare la valle. Per questo, dicono,  è diventato un punto di ritrovo di congregazioni esoteriche  i cui adepti raccontano di misteriose apparizioni notturne.

Gli edifici, ormai in rovina, testimoniano lo  splendore di un passato in cui, Umbriano, doveva essere un castello davvero importante. Incastonato tra le montagne della valle era un ideale  baluardo difensivo per l’antistante abbazia di San Pietro, ricostruita dopo le devastanti scorribande saracene. A rendere questo luogo ancora più arcano, ci sono alcuni racconti secondo i quali, per sfuggire dall’inquisizione della chiesa cattolica, alcune comunità di catari, trovarono rifugio presso questo borgo. La torre di vedetta domina su tutti gli altri fabbricati quasi tutti costruiti con lo stesso criterio architettonico. Stalle e cantine al piano terra e i locali ad uso abitativo al piano di sopra. I camini con gli architravi e i capitelli di pietra lavorata come anche i davanzali ed i portali di alcuni edifici, lasciano pensare che il castello di Umbriano fosse piuttosto ricco e prestigioso.

Probabilmente la vicina abbazia, per la protezione ricevuta, contraccambiava elargendo cospicue ricompense in beni materiali. Continuando lungo la via principale, poco prima di lasciare il paese, sulla destra ci sono i ruderi  della chiesa di San Rocco. Si vedono ancora i frammenti degli affreschi mentre un passaggio aperto sul pavimento dà l’accesso alla cripta in cui sono tuttora visibili le ossa dei defunti. Il paesaggio che si può ammirare da Umbriano è bellissimo, una vista incantevole sulla vallata sottostante e sulla’Abbazia ai piedi del monte Solenne. Si scende di nuovo a valle senza tornare sui propri passi, ma continuando per un sentiero che scende dall’altro lato del paese. Tornati sulla Greenway si fa ritorno verso il lago di Piediluco.

Il percorso

Il percorso da seguire è lo stesso già descritto per il tour della vecchia ferrovia e della valle del Nera. Ovviamente il tratto da seguire è solo quello della Greenway , fino a Ferentillo ma nel senso contrario.

Il sigle track che si incontra fra Gabbio e Nicciano è un’antica mulattiera , che un tempo, era una delle principali vie di comunicazione tra Spoleto e la valle del Nera. Si raggiunge Loreno e si scende sull’altro versante del poggio. Qui si scende lungo uno sterrato alle pendici del monte Solenne, attraversando il bosco degli eremiti siriaci. Raggiunta l’abbazia di san Pietro in valle si raggiunge il guado del fiume risalendo poi il Monte Sant’Angelo fino ad Umbriano. Un percorso molto bello, sia dal punto di vista paesaggistico e naturalistico ma anche da quello storico. Purtroppo, la manutenzione delle strade di montagna non è più quella di un tempo. Poco prima di arrivare all’abbazia, per quasi un chilometro, l’acqua ha portato via il fondo dello sterrato trasformandolo, di fatto, in un canalone. Bisogna procedere con molta cautela e prima di avventurarsi, è bene informarsi sullo stato dei tracciati.

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